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La fama di santità

  • Categoria: Documenti
  • Pubblicato: Venerdì, 09 Maggio 2008 19:06
  • Scritto da Super User
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  1. Dopo la morte ci fu una raccolta di firme per chiedere la sua canonizzazione. Presto scattò questo desiderio di testimoniare la santità di P. Marrazzo e tutto avvenne in modo spontaneo.
  2. In tutti gli ambiti dove è stato conosciuto si diffuse questa fama di santità senza essere assolutamente favorita da gruppi o amici.
  3. Non conosco persone che siano contrarie alla sua fama di santità. Forse solo chi non l’ha conosciuto può dire con superficialità di chiedersi il perché di questa causa di canonizzazione.
  4. Ancora in vita la gente lo considerava santo.
  5. Quando seppi che era morto fu sconvolgente. Andai nel luogo dove lo hanno messo, giù dove ora c’è la cripta. Era con la bara aperta. Provai gioia e dolore. Piangevo tanto da non poter fermare le lacrime. Mentre ero lì la gente passava e diceva “tu eri santo” Sentivo di ringraziare il Signore perché mi aveva messo accanto un santo.

(G.G.) 

  1. Per me lui è già santo. Penso sia un bene per la Chiesa riconoscere un sacerdote santo.
  2. Negli anni successivi, la sua fama è cresciuta. Incontro gente che lo ha conosciuto e che può dire qualcosa di bello che ha vissuto con lui.
  3. Nessuno non condivide la sua fama di santità.

(I.S.) 

  1. Ci invitava tutti a diventare santi: “fatevi santi, tutti possiamo diventare santi!”. Lo vedevo sempre attento verso i poveri e gli ammalati: li andava a trovare, parlava loro, prendeva la loro testa e li baciava… in lui traspariva la paternità di Dio.
  2. Mi sentivo sempre accolta da lui, vedevo in P. Marrazzo una grazia, che mi faceva stare bene. Non so di esperienze contemplative o particolari doni. Per noi è stato sempre un santo.
  3. Dopo la morte la fama è aumentata. Penso che sia frutto della gente che lo ha conosciuto. Noi zelatrici preghiamo sempre, tutti hanno qualcosa da ricordare di P. Marrazzo. Non penso che ci sia qualcuno contrario alla causa di canonizzazione del Servo di Dio.

(M.R.) 

  1. Il Signore è stato la sua vita. Ci teneva a diventare santo: “chi salva un’anima salva se stesso”, ci diceva. Ci ripeteva spesso “Fatevi santi”, “Manda Signore sacerdoti santi”, ci insegnava giaculatorie che suscitavano in noi il desiderio della santità. Visse come confessore trasferendo grazie agli altri.
  2. Negli anni successivi la morte la sua fama di santità è aumentata.
  3. La sua fama di santità si è molto diffusa in tante persone che costituiscono l’Associazione di P. Marrazzo costituita da ex allievi e da ex paggetti per creare un ambiente di preghiera e pregare il Signore, affinché possa il SdD essere canonizzato.
  4. La fama di santità è fenomeno spontaneo. Non è stata propagata dai confratelli o dai familiari. Per esempio, andando in giro per raccogliere adesioni per l’Associazione ho avuto subito risposte positive.

(A.C.) 

  1. Desidero moltissimo che il Servo di Dio venga elevato agli onori degli altari, perché ritengo sia stato un sacerdote modello, santo.
  2. Visse nel timore di Dio ed era angelico nelle sue virtù. I consigli che dava erano: farsi santi ed essere misericordiosi.
  3. Amò il Signore sopra tutto e tutti. Non c’era amore al di sopra di Dio. Amò gli altri con amore sacerdotale. L’amore per il Signore fu unico: voleva farsi santo, vivere da santo. Parlando dall’ambone manifestava il desiderio che Dio fosse conosciuto, amato e glorificato da tutti.
  4. Non conosco segni di santità. Ma riconoscimenti sì. Qualche parroco diceva: io mi confessavo con lui, era un santo.
  5. Negli anni successivi alla morte mi attendevo che la sua fama e la divulgazione della sua figura fosse maggiore.
  6. Nelle associazioni legate a questo Santuario e presso tante persone e sacerdoti che venivano a confessarsi da lui la sua fama di santità è diffusa.
  7. La sua fama non è stata creata o propagata da parenti.
  8. Non mi risulta che vi sia qualcuno contrario alla causa di canonizzazione

(C.A.) 

  1. L’obiettivo della santità era il suo primo punto. Santificarsi e santificare: questo inculcava soprattutto alle persone.
  2. 25. Dopo la sua morte furono molte le attestazioni sulla sua fama di santità, che nel tempo è aumentata.
  3. La sua fama di santità è frutto dell’affetto del popolo, prova ne è la raccolta di ottomila firme per l’introduzione della causa. Non mi risulta che alcuni ne siano contrari.

(G.L.) 

  1. Figure di riferimento nel suo cammino vocazionale sono state S. Leopoldo Mandich (che ha conosciuto), S. Luigi Grignon de Monfort, leggendo i suoi testi, e il Santo Curato d’Ars, tanto che andò ad Ars e lui stesso racconta che si sedette all’interno del suo confessionale, chiedendo a Dio: “Signore, mandami anime, che io le possa salvare e portare a te”. Diceva anche “Io sono il taxi di Dio”, per portare anime a Dio.

(A.T.) 

  1. Definiscono quel concorso di popolo pari alla festa di S. Antonio. Ci furono tanti sacerdoti e ha presieduto l’Arcivescovo Mons. Cannavò, mi pare paragonandolo a S. Leopoldo Mandich. L’affluenza del popolo fu spontanea.
  2. Ci furono diversi articoli sulla Scintilla e sui giornali. Anche l’Osservatore Romano parlò della morte di un sacerdote santo..
  3. 30. La sua fama è aumentata e, subito dopo l’introduzioe della causa, molti si raccomandano a lui.
  4. 31. Ciò che mi consta è che all’interno della Congregazione la fama di santità e il desiderio che sia proclamato santo è un fatto scontato

(G.C.) 

  1. Lui parlava dell’amore di Dio. Si affidava al Signore e alla Mamma Celeste. Visse nella tensione di farsi santo e di compiere la volontà di Dio. Era come un bambino, visse sempre nella purezza. Era trasparente. Mi diceva: “il sacerdote deve essere come un cristallo per far trasparire l’amore di Dio”. Tutto questo cercava di inculcarlo nelle anime.

33  Pregava tanto, viveva nello spirito della preghiera stando ore intere dinanzi a Gesù, In tutti i momenti che poteva viveva la contemplazione nello stare con Gesù.

  1. Non so se durante la sua vita godesse di particolari doni carismatici. Tutti dicevano: è un sacerdote santo
  2. La gente riconobbe la santità della sua vita: dalla persona più colta a quella più semplice. La sua fama è aumentata e si è diffusa nel tempo, mai si è affievolita.
  3. La sua fama di santità è diffusa dappertutto. La sua fama è scaturita spontaneamente.
  4. Mai ho sentito dire che qualcuno possa essere contrario alla sua fama di santità.

(C.D.) 

  1. Tra il clero e i fedeli godeva molta stima. Parlando con degli amici, mi confidavano e sentivo come tanti lo conoscevano direttamente o indirettamente. Era molto stimato. A me infondeva un senso di tranquillità. Quando l’ho conosciuto era per me il tempo dell’adolescenza. Mi confidavo con lui in tutto e lui cercava di attutire i vari problemi e mi raccomandava di mettere Gesù al primo posto. Mi diceva di farmi santa e di innamorarmi sempre di più di Gesù. Ogniqualvolta mi accostavo a lui lo trovavo entrando in Santuario presso l’altare di S. Michele Arcangelo, il luogo dove confessava. Lo vedevo con la coroncina in mano e tante volte vedevo tanta gente che attendeva di parlare o di confessarsi con lui.

So che si occupava dell’Associazione delle Figlie di Maria. Non so se promuovesse le vocazioni al sacerdozio, né se curava chi era avviato alla vita matrimoniale. Si comportava sempre come figlio affezionato della Chiesa e della Congregazione.

  1. Negli anni successivi la sua fama si è sempre mantenuta la fama di santità. Fama legata al fatto che si distingueva tantissimo rispetto agli altri.

(M.G.) 

  1. In merito al passaggio conseguente al Concilio, ricordo che abbiamo discusso di un caso legato alla confessione: pur non conoscendo la disposizione né aggiornandosi sulle direttive vigenti (in genere lui non si dedicava all’aggiornamento!), si comportò con buon senso, tanto che poi si rivelò conforme alle indicazioni del Congregazione dei Sacramenti. L’ho visto sempre un sacerdote semplice che parlava di Dio con semplicità, sullo stile del santo Curato d’Ars. Non aveva alcuna prosopopea, ma dolcezza. La caratteristica del suo ministero sacerdotale che mi sento di sottolineare è lo spirito intenso di preghiera e l’impegno a non perdere mai tempo. Quasi mai lo vedevo alla televisione e tutto ciò che non riguardava il suo ministero della confessione o della messa o del santuario non lo interessava.
  2. 41. Diceva a tutti: “pensa a farti a santo. Le altre cose sono tutte babbarie”. Non aveva una grande dialettica, ma – anche scherzando – raccomandava a tutti di conseguire la santità.
  3. Riconosco la mia non conoscenza di fronte alle prove spirituali che dovette subire. Posso solo assicurare, mettendo la mano sul fuoco, che si abbandonò sempre al volere di Dio. Mai sono riuscito a capire il perché dell’ostilità di alcuni confratelli, anche prima dell’apertura della causa. Sono consapevole che un santo in casa può dare fastidio, ma sempre dimostrò serenità, senza manifestare sconforto, anche se talvolta si chiudeva in silenzio, un silenzio non dispettoso, ma di chi soffre e custodisce nel cuore. Posso dire che non è un santo che ha fatto cose eclatanti, ma poi nell’ordinarietà della vita mi rendo conto che lui era un grande, tanto che nella mia vita di religioso non ho trovato un altro come lui: basti pensare che anche quando soffriva, mai lo diede a vedere.
  4. La sua fama di santità si diffuse in coloro che lo hanno conosciuto personalmente e nei devoti, fondandola sul fatto che lui è vissuto facendo soltanto del bene, lasciando una impronta in chi lo ha conosciuto. La sua fama nacque spontaneamente e certamente non fu propagata dai parenti.

(A.L.)

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